
Anche a causa dell’impegno in Champions League, in questi primi tre mesi della Bundesliga 2020/21 il Borussia Mönchengladbach ha vissuto naturali alti e bassi, un po’ come tutti i suoi protagonisti e giocatori più significativi. Chi ha trovato continuità, per la prima volta dopo tanti anni, è invece Lars Stindl, finalmente tornato al top dopo mesi di difficoltà fisica e alti e bassi anche in campo. Oggi è protagonista del Gladbach: ha già segnato 11 goal e fornito 6 assist ai compagni in stagione. Numeri da attaccante, numeri da nazionale. A voler ben vedere.
Il punto più alto della carriera di Stindl, 32 anni compiuti a settembre, è stato la Confederations Cup del 2017, competizione di cui è stato capocannoniere (al pari di Werner e Goretzka) con tre reti, compresa quella decisiva per la vittoria in finale sul Cile. Dando uno sguardo alle statistiche più banali, il motivo della presenza di Stindl in quella fortissima Germania non è lampante. Nella stagione 2016/17, peraltro la sua migliore sul piano realizzativo, Lars Stindl aveva messo a segno 18 gol e 5 assist in 41 presenze fra tutte le competizioni (con una tripletta alla Fiorentina in Europa League): uno score tutt’altro che negativo, ma non al livello dei vari Lewandowski, Agüero, Kane. Più che le statistiche sul piano realizzativo, ciò che aveva spinto Löw a dare fiducia al capitano del Borussia Mönchengladbach era stato quello che gli avrebbe potuto dare, nel “prime” dei propri mezzi tecnici e fisici, in termini di supporto alla manovra, dominio del gioco e infine – infine come se fosse un aspetto secondario per un attaccante – capacità di concludere l’azione.
E il punto è proprio questo: Stindl non è mai stato un attaccante normale. Anzi, per una lunga fase della sua carriera non è stato neanche un attaccante effettivo: il Karlsruhe lo aveva presentato al pubblico della Bundesliga come un centrocampista offensivo, un playmaker che sa sempre cosa fare con la palla fra i piedi. Con gli anni però diversi allenatori hanno preferito sfruttare le sue caratteristiche in zone del campo più avanzate rispetto alla trequarti. È successo così che quello che era un numero 10 si è trasformato in un peculiare esempio di falso 9, cioè un centravanti senza particolari consegne tattiche ma che interpreta il suo ruolo in base alle sue qualità, le quali si concretizzano per la maggioranza fuori dall’area di rigore avversaria.
Quali, dunque, queste qualità. Stindl non è un giocatore che ruba l’occhio: non è particolarmente veloce o forte fisicamente (80 chili distribuiti su 181 centimetri di altezza), dribbla meno e tira peggio di tanti colleghi, raramente tocca il pallone con una parte del corpo diversa dall’interno piede, pur mantenendo una certa eleganza. Ciò che permette al tedesco di sopravvivere ad alti livelli è un’intelligenza quasi senza pari nei movimenti, cui abbina un minimalismo tecnico solo apparente che, nei suoi momenti migliori, lo rende praticamente incontrollabile per i difensori avversari, spesso spaesati dai controlli orientati e dal sapiente utilizzo del corpo di Stindl. Il numero 13 del Gladbach non spreca energie mentali nell’elaborazione di giocate appariscenti, ma le concentra tutte sulla scelta migliore per portare avanti la fase offensiva, sintomo di una conoscenza del gioco tutt’altro che comune anche a livello internazionale. Quest’intelligenza spesso si riflette anche in inserimenti a rimorchio tanto semplici quanto efficaci per arrivare al tiro da posizione favorevole.
In questo modo Stindl è arrivato a vivere un vero e proprio “ritorno al futuro”. Nel 4-2-3-1 di Marco Rose, il tedesco sembra rappresentare un’alternativa molto più adatta nel ruolo di trequartista finora interpretato con risultati alterni da Embolo, che invece da punta potrebbe liberare tutta la propria esplosività – anche se finora è stato considerato ‘solo’ l’alternativa a Pléa.
Lars Stindl è di fatto tornato ad essere il numero 10 che era stato prima di essere allenato da Lucien Favre – in realtà assumendo compiti tecnico-tattici simili a quelli di uno dei migliori 9 europei, cioè Roberto Firmino (tra l’altro un fedelissimo di Klopp, “maestro” di Rose). A 32 anni è difficile immaginare che riesca a sviluppare tutte le sue migliori caratteristiche e arrivare al top. Di certo, nel suo, si è mostrato nuovamente un giocatore di enorme valore nonché leader del Gladbach. Guadagnandosi anche un meritatissimo rinnovo fino al 2023. Mica male.
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