
Quando si parla di attaccanti della Bundesliga, in particolare dei ‘numeri 9’, è ormai una prassi escludere dal discorso Robert Lewandowski ed Erling Haaland per manifesta superiorità. Non c’è nemmeno bisogno di evidenziarne i motivi: si parla, semplicemente, di due delle migliori cinque prime punte a livello mondiale. Perciò possiamo tranquillamente dire che a Wout Weghorst spetterebbe un ipotetico premio di miglior ‘9’ della Bundesliga tra gli umani. Perché Wout Weghorst, sì, è davvero umano. E non soltanto per il suo percorso: giocava nei dilettanti, si è ritrovato in seconda serie olandese. Poi Eredivisie. La Bundesliga. E poi chissà, magari il suo sogno (mai nascosto): la Premier League.
L’attaccante olandese del Wolfsburg, classe 1992, è in realtà molto vicino al polacco e al norvegese se parliamo di numeri in stagione: nove goal all’attivo, soltanto uno meno di Haaland e quattro in meno di Lewandowski, già arrivato a 14 dopo 11 partite di Bundesliga. Se vogliamo allargare il discorso, dal suo arrivo in Bundesliga soltanto Lewandowski (58) e Werner (44) hanno segnato più di lui nel massimo campionato tedesco. Non è però una questione soltanto di numeri e di statistiche, perché racchiudere l’ex AZ Alkmaar all’interno di statistiche, reti e passaggi decisivi sarebbe quasi come sminuire il suo lavoro a tutto tondo. Anche in fase di non possesso. Anche per far salire la squadra.
Sin dal suo arrivo in Bundesliga nell’estate 2018 – il suo cartellino è oltre costato 10 milioni di euro – Weghorst è riuscito a ritagliarsi immediatamente il suo spazio da titolare. Bruno Labbadia nelle prime giornate lo ha affiancato a Daniel Ginczek in un attacco a due molto fisico, su cui c’erano grossi dubbi. A fugarli ci ha pensato proprio l’olandese, il quale da subito ha mostrato che le sue doti non sono soltanto dentro l’area di rigore. Certo, se dovessimo vedere tutti i goal segnati da Wout Weghorst con ‘Die Wölfe’, non ci si sorprenderebbe se fossero tutti realizzati negli ultimi 15 metri. Il suo lavoro però è soprattutto fuori dall’area, o al limite.
Una delle soluzioni esplorate con più frequenza dal club della Sassonia è stata spesso e volentieri la palla lunga per la sponda del numero 9, che ha iniziato a giocare da unico riferimento dopo l’infortunio di Ginczek. I 197 centimetri di altezza facilitano il gioco spalle alla porta, ma il 28enne olandese è anche in grado di favorire l’inserimento senza palla dei compagni grazie all’ottima base tecnica e alle doti molto sottovalutate di passatore: 1.1 key passes a partita. A prima vista, non si direbbe. In più, il suo lavoro senza palla è prezioso anche in fase di non possesso: è sempre il primo a pressare gli avversari e schermarli. Non corre quasi mai a vuoto, legge prima la situazione.
Lo stesso fa, come pochi altri in Germania, quando si tratta di realizzare. A dispetto della stazza, Weghorst ha un ottimo dinamismo e soprattutto coordinazione. Le ha acquisite nel corso degli anni, con l’allenamento. Da giovane era un’altra storia: impacciato, alto, non il prototipo di calciatore olandese tecnico e veloce – come da metodo TIPS. Quella goffaggine che gli ha ricordato la bizzarra scivolata dal dischetto in Europa League, contro lo Shakhtar Donetsk. Ha buona velocità e un’ampia falcata che gli permettono di risalire il campo rapidamente, in più anche in area di rigore è spesso il primo ad arrivare sul pallone, facendo sempre la scelta giusta arrivando alle spalle della difesa.
In gran parte delle situazioni in cui il gioco si sviluppa sulle fasce, Weghorst rimane sul lato debole del campo e va ad attaccare il secondo palo e il terzino avversario. Trovare un esterno difensivo che possa reggere il confronto fisico è complicato e per questo l’olandese risulta così efficace quando si tratta di ricevere cross dentro l’area. Ciò è anche possibile grazie ai compagni che si inseriscono dal centrocampo o dalla trequarti e fanno densità dentro l’area. Insomma, l’occupazione degli spazi del Wolfsburg è sempre e spesso vincente.
Il cambio in panchina avvenuto nell’estate 2019 ha cambiato il modo di giocare del Wolfsburg più alla caccia di trame palla a terra come piace a Oliver Glasner piuttosto che in maniera più diretta come succedeva con Labbadia. L’ex AZ ha comunque (inevitabilmente) mantenuto un ruolo centrale nel sistema. Per la sua crescita i consigli di Labba, uno che di goal in Bundesliga se ne intende (e fuggito da Wolfsburg per motivi molto curiosi), sono stati indubbiamente preziosi, ma per essere pronto al salto in un top club aveva bisogno di abituarsi a un gioco più veloce anche con la palla tra i piedi. Fatto.
Certo, non ha il classico piede fatato. Tutt’altro. La sua generosità, però, compensa. È il quinto in stagione in Bundesliga per sprint (310) e per quelle che nelle statistiche vanno a referto come ‘intensive runs’: unico ‘nove’ in classifica, ça va sans dire. 124 duelli vinti, 38 duelli aerei. Se vogliamo continuare con le statistiche: 30 tiri totali, meglio di lui solo André Silva e Lewa. Numeri che sono frutto di un miglioramento continuo. Voleva diventare un professionista, ha assunto professionisti che lo aiutassero. Anche se si porta dietro quei piccoli gesti che lo distinguono, come he raccontato a ESPN.
“Ho delle piccole superstizioni, come mettere prima la scarpa sinistra, e ho anche lavorato con un mental coach da inizio stagione: voglio godermi di più il calcio, a lasciarmi andare di più”.
Wout Weghorst è davvero un calciatore self-made, a tratti anti-divo. Tanto che in Olanda per lui non stravedono: solo quattro misere comparsate. Mai convocato da De Boer, chiamato da Koeman per i suoi numeri. Eppure, il classe 1992 continua a segnare e sperare. Lo ha ammesso anche il suo allenatore Oliver Glasner.
“Spesso parliamo della Nazionale Olandese, è un argomento che emerge”.
Il diretto interessato però non ci ha mai dato peso. È sempre stato underdog per tutta la vita, non è mai stato ‘quello forte’ fino a quando è arrivato al Wolfsburg, dove per i ‘nove’ hanno un ottimo olfatto. E anche con lui ci han preso: segna un goal ogni due partite. E dà un contributo psicologico fondamentale: spinge tutta la squadra. I compagni non sanno fare a meno di lui.
“Mi piace essere l’underdog e continuare a segnare”.
Fedele alla linea, anche quest’anno: sempre in goal nelle ultime cinque partite, 9 goal nelle ultime 8. Nel suo secondo aveva segnato 6 goal e fornito 3 assist in 6 partite. L’ultimo a riuscirci era stato un certo Kevin De Bruyne nell’annata 2014/15. Un altro ennesimo segnale che dopo Dzeko, Mandzukic, Grafite e Dost, il Wolfsburg è riuscito a scoprire un altro numero ‘9’ di caratura internazionale. Wout Weghorst, il miglior ‘9’ tra gli umani di Bundesliga.
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