
Il campionato di Zweite non è iniziato nel migliore dei modi per il St. Pauli. Ma come è spesso successo nella storia del club di Amburgo i risultati sportivi passano in secondo piano. Il motivo è principalmente legato ad una tifoseria nota in tutto il mondo perché simbolo delle lotte di classe, peculiarità nata in particolare negli anni ’80 nel quartiere portuale di Amburgo. Appunto il quartiere di Sankt Pauli. Iconico è anche il simbolo della curva, che si vede spesso non solo nel mitico Millertorn Stadion (in Italia anche per il gemellaggio con la Sampdoria di cui abbiamo parlato in un precedente articolo), la “Jolly Roger Flag”, la bandiera dei pirati.
Oggi il club torna alla ribalta per un’altra curiosità extra campo. Dopo aver deciso nel 2018 di non rinnovare il contratto alla scadenza con l’attuale fornitore di abbigliamento da gioco, l’Under Armour, il St. Pauli si era infatti messo alla ricerca di un nuovo partner. Ma con tre condizioni imprescindibili: sostenibilità, trasparenza nella produzione e commercio equo.
Nessun produttore ha soddisfatto questi requisiti, quindi pochi giorni fa la decisione: i Kiezkicker dal 2021 si produrranno l’abbigliamento autonomamente.
“Indipendenza e ricerca di nuove strade hanno da sempre contraddistinto il St. Pauli. Con la nostra collezione di abbigliamento da gioco continuiamo a perseguire il nostro percorso di indipendenza”.
Oke Göttlich, Presidente del St. Pauli.
Il motto utilizzato per lanciare la collezione è “do it yourself”, concetto che si rispecchia nel marchio del brand, DIIY: “Do It, Improve Yourself”. Come ha spiegato Göttlich, “questo è esattamente ciò che caratterizza il St. Pauli: non lamentarti, fai meglio da solo”.
Was Pat sagt.
Das neue Trikot (vor)bestellen 👉🏼 Ab 1.12. auf https://t.co/8xMl5mm07F!#JoinDIIY | #DIIY | #fcsp
Macht mit: Pat Sechelmann. pic.twitter.com/wJYUTDgkVB— FC St. Pauli (@fcstpauli) November 22, 2020
Un club ribelle che ora guarda al futuro. Proprio e del pianeta. Come racconta bene il Responsabile Marketing Martin Drust.
“Vogliamo trasformarci da ribelli ad attivisti. In questo momento il St. Pauli è percepito come ribelle. Ora vogliamo passare da essere contro qualcosa ad essere per qualcosa. La questione della sostenibilità, che va molto oltre il concetto di sostenibilità ecologica, fa parte di quel mondo che cambia. Riguarda anche la sostenibilità sociale, la trasparenza e l’equità”.
Già altri club, come ad esempio il Lecce in Italia, hanno cominciato a seguire questa strada. Ma il peso sociale e l’impatto che ha il St. Pauli nella cultura calcistica non potrà far altro che accelerare il messaggio, partendo da una parola d’ordine: sostenibilità.